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Quando sorse, quello di contrada S.Maria
Valentina era un «…grandioso opificio attrezzato dei più
moderni macchinari”» (cfr. la pubblicazione citata) per la
«produzione e vendita di prodotti laterizi e affini,
prefabbricati in laterizio e non e di tutto ciò che è
inerente al campo dell’edilizia civile e industriale»(²) Ma
non si esauriva qui la sua ragione sociale, essa era estesa
anche al campo della «…produzione di cereali e foraggi, vigneti
oliveti e frutteti». Come si vede, un complesso di
attività diversificate e importanti, sia per numero di addetti
che per ampiezza dell’area sulla quale erano distribuite. Lo
stabilimento laterizi era formato da un complesso di più edifici
comprendenti, oltre quelli riservati alla produzione vera e propria,
l’ufficio contabilità e vendite, il magazzino, la foresteria e
l’alloggio per la famiglia dell’impiegato. Più una vicina cava
d’argilla (in contrada Ponticelli). Fino all’avvento delle ruspe la
materia prima era estratta a mano da operai con la qualifica di
“zappatore”, caricata sui carrelli e trasportata a mezzo di teleferica
in fornace. La lavorazione prevedeva successivamente il passaggio nel
cosiddetto “bagnatoio”, il
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L'abruzzese aveva contribuito alle "guerre del duce"
con la consueta disponibilità al sacrificio che lo aveva spinto
a partire come emigrante verso terre lontane o come lavorante
stagionale o come pastore transumante. Egli era partito per la guerra
d'Etiopia prima, quella di Spagna poi, mosso dalla disoccupazione, dai
debiti, dalle dure condizioni di vita, piuttosto che da unanime sincero
slancio ideale.
Dopo il 1936 il fascismo si lega a filo doppio con il nazismo: sovverte quei valori ereditati dal Risorgimento e dalla prima guerra mondiale e promuove "culture", come quelle razziali, a cui la popolazione non si ribella apertamente, ma che non comprende poiché non sente come proprie. L'Italiano (e quindi anche l'abruzzese) degli anni '30 si arrangia alla ricerca di una vita tranquilla e spensierata: questo non vale per la gran parte degli abruzzesi, poiché l'Abruzzo si presenta ancora come una regione arretrata e squilibrata. Per la popolazione abruzzese c'è qualche forma di protesta ed opposizione che porta lentamente al distacco e alla delegittimazione del regime (non a caso definito un "totalitarismo imperfetto"); anche l'opposizione politica si comincia ad organizzare,soprattutto nei centri urbani e nelle fabbriche. La stretta delle maglie repressive limita di molto l'attività degli oppositori: molti vengono arrestati e inviati al confine o messi in carcere (è da ricordare che l'Abruzzo è la regione con la più alta densità di campi di internamento in Italia). Già immediatamente prima dell'entrata in guerra le condizioni di vita degli abruzzesi peggiorano ancora di più, poiché erano entrate in vigore delle norme che avevano comportato ulteriori tagli sui redditi e sugli ammassi dei prodotti agricoli, generando così un malcontento nei ceti medio-bassi. La guerra per l'Italia inizia il 10 giugno 1940. La gran parte dei soldati viene impiegata nei fronti jugoslavo e greco-albanese poi in quelli russo e africano, aggravando così i costi sociali ed economici: il grave momento porta ad una intensificazione della propaganda, che esorta allo spirito di sacrificio, in attesa della sicura vittoria. Già nel 1942 e nei primi dell'anno seguente la situazione evolve in tutt'altra situazione rispetto a quella auspicata: le gravi condizioni economiche, la diffusa disoccupazione, le disfatte nei vari fronti. Il 25 luglio 1943 Mussolini è costretto alle dimissioni e viene arrestato. L'Abruzzo diventa obiettivo strategico e viene colpito da pesanti bombardamenti (come quelli su Sulmona del 27 agosto e su Pescara del 29). Si arriva così all'otto settembre, all'armistizio; il 9 settembre si forma il Comitato di Liberazione Nazionale. Gli eventi che seguono immediatamente lo "sfascio" della nazione investono in modo particolare l'Abruzzo. Mussolini, prigioniero sul Gran Sasso, il 12 settembre viene liberato e portato in Germania. La Resistenza ha i suoi primi episodi proprio in Abruzzo. La prima fase di guerra contro i nazifascisti si chiude tra il 5 e il 6 ottobre con l'insurrezione di Lanciano, repressa con durezza. La situazione è sempre più drammatica: i bombardamenti si susseguono incessanti; la distruzione è totale; Chieti, dichiarata all'inizio del 1944 "città aperta" è piena di migliaia di sfollati; zone come l'aquilano soffrono per la mancanza di rifornimenti; continui sono i rastrellamenti per procurare ai tedeschi "carne da lavoro". Nasce la linea Gustav che va da Ortona a Cassino, quindi segue i bacini dei fiumi Sangro, Aventino, Alento, le montagne dell'Abruzzo meridionale e dall'alto Molise. Tutto il territorio della Gustav è interessato: si applica la tattica della "terra bruciata"; si procede con rastrellamenti, saccheggi, stragi. Ortona viene contesa per due
settimane palmo a palmo (sarà per questo chiamata "la
Stalingrado d'Italia"); la battaglia del Sangro costa ai soli alleati
oltre 1500 morti e 5000 feriti; tutta la "Gustav" è costellata
ancora oggi di cimiteri di guerra che ospitano le spoglie di
combattimenti di tutto il mondo. Ma a farne le spese in misura
oltremodo maggiore sono i civili; anche chi credeva di aver trovato
rifugio sicuro in una piccola località sono coinvolti nella
distruzione: è il caso ad esempio degli eccidi di Limmari,
presso Pietransieri (frazione di Roccaraso) dove vengono uccise 123
persone, di Gessopalena, con 38 morti, di Filetto e Onna dove per
rappresaglia muoiono in totale 31 persone. Finalmente la liberazione
giunge pure per l'Abruzzo: l'esercito tedesco viene sconfitto, le
città man mano liberate. Le macerie lasciate non sono solo
quelle "fisiche" ma anche quelle riguardanti l'odio e la vendetta. La
Chiesa, che in diversi casi si era mostrata accondiscendente verso il
regime fascista, mostra invece in più occasioni di essere il
vero punto di riferimento per la popolazione, come ad esempio a
L'Aquila, grazie all'opera del vescovo Confalonieri, o a Chieti.
L'Abruzzo, come il resto della nazione, si avvia verso una fase nuova,
in cui per la prima volta si possono pronunciare le parole pace,
libertà, democrazia. |
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Cambia il colore
della pelle, i tratti del viso sono diversi, così come diverse
sono la lingua, la cultura e la provenienza. Una cosa, però,
accomuna gli emigrati di ieri e gli immigrati di oggi: il sentimento di
paura e smarrimento di chi lascia, a volte per sempre, il suo paese.
«Eppur bisogna andar...», con bauli, valige di
cartone, passaporti e oggetti d’uso comune che sono sempre gli stessi,
ad accompagnare l’emigrante nel suo viaggio «della
speranza», intrapreso da tantissimi italiani fino agli anni '80,
e da altrettanti stranieri, che ancor oggi approdano nel nostro paese
per sfuggire da una realtà troppo spesso disumana. Questo il tema di “Vietato
l’ingresso”, una pièce scritta da Corradino Pellecchia per gli
alunni che hanno partecipato al Laboratorio teatrale nell’ambito del
progetto “Vivere, costruire e sognare insieme”, coordinato dallo stesso
autore e regista e da Elena Terrone, che è andata in scena
presso il teatro dell’ Itc “A.Genovesi”. Progetto scolastico, questo,
fortemente voluto dal dirigente Caterina Cimino, che ha visto la
partecipazione di Fabio Agostinelli, Anna Cappello, Veronica Caputo,
Stefania Carrano, Patricia Citro, Vania D’Alessandro, Sonia Furno,
Barbara Gallo, Carla Memoli, Giovanna Sciortino, Martina Vassallo, con
special guest il senegalese Luna e la chitarra di Orazio Curzio.
SI RACCONTA CHE.......... Avetani laboriosi ...... Si racconta che molti avetani
affrontarono l'America con un piglio che li rendeva invisi alle persone
'di colore'. Bar a Chicago ............ Ricordava u Luigin di Zerghe,
ossia Luigi Sbarbaro d'Andrea della famiglia degli Stecche: "Semmu
annèe in ta bara du Dullu. Gh'era de facce scassè, che
zugavan a carte cun i curtelli ciantài sutta a tora", ovvero
"Siamo andati nel Bar di Dull. C'erano delle facce da delinquenti, che
giocavano a carte con i coltelli piantati sotto la tavola". L'arte di arrangiarsi ........ La Texiu, ossia Teresa Repetti
di Giovanni di Codorso (classe 1886), che col padre e la matrigna era
emigrata in America, raccontava che per sbarcare il lunario si
appostava con i genitori agli angoli delle strade di New York e, con
l'ausilio di un organetto ed una scimmietta, chiedeva l'elemosina.
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Una delle caratteristiche che rendono la regione
Abruzzo particolarmente appetibile dal popolo dei turisti e dei
vacanzieri è l’estrema versatilità, dovuta principalmente
ad una peculiare configurazione ambientale: con la sua collocazione
logisticamente strategica al centro della penisola italiana, infatti,
il territorio abruzzese offre ai visitatori una gamma completa di
scenari e di luoghi, che sono in grado di soddisfare tutte le
esigenze, garantendo un’ampia scelta di soluzioni, che possono essere
vissute all’insegna della massima flessibilità. Il binomio
mare-montagna per l’Abruzzo non è solamente uno slogan, ma una
realtà del tutto concreta, che consente di programmare soggiorni
sia in incantevoli località montane per il turismo estivo e
invernale, sia in una delle numerose e ridenti cittadine disseminate
lungo i circa Le lunghe spiagge dorate lambite da acque a tratti ancora incontaminate, tanto da ricevere l’attribuzione di ben 13 bandiere blu come ambito riconoscimento all’impegno per uno sviluppo ecosostenibile, sono patrimonio di città e paesi che hanno coniugato la propria ricchezza naturalistica con l’antica vocazione all’accoglienza, mediante la realizzazione di centri di soggiorno adatti a tutte le età, come dimostrano le recenti indagini statistiche in costante crescita. Ma con un tragitto in media di appena 60/70 km dalla costa verso l’interno è possibile arrivare in alta montagna, all’interno di un tratto della dorsale appenninica che nel territorio abruzzese tocca le vette più alte, con il Gran Sasso e la Majella, dove attrezzate stazioni sciistiche invernali e confortevoli strutture per il soggiorno estivo garantiscono un livello di ricettività compatibile con tutte le formule e le più disparate aspettative. Questa collocazione in un unico territorio di ambienti così variegati consente inoltre di dare al soggiorno un carattere multiforme, con la possibilità di compiere escursioni anche giornaliere giocate tra ambienti totalmente diversi, nei quali è inestimabile e tutta da scoprire l’offerta culturale, storica e artistica, fatta di eremi, abbazie, santuari, castelli, musei, pinacoteche e siti archeologici. .... L’antico incontra il nuovo, il passato abbraccia il futuro: in queste alleanze tra opposti l’Abruzzo gioca magistralmente le sue carte vincenti, sia a livello ambientale che a livello culturale, presentandosi alla platea nazionale e internazionale come una regione dalle potenzialità incalcolabili, che di giorno in giorno si trasformano in straordinarie realtà, grazie all’impegno operoso di una popolazione orgogliosa e sempre più consapevole delle proprie risorse. Di Rita Trasacco, nel sito in Tutto Abruzzo
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L ' ITALIA É DAVVERO UNITA ? Di Alfredo Castiglione
Mancava a noi un comune denominatore per rinsaldare i ranghi. L’Esarcato
di Ravenna, ultimo avamposto dello Stato Romano d’Occidente, non aveva
la forza per unire l’Italia. Ci provo’ Federico ll, uno svevo,
nato a Iesi ed innamorato dell’Italia, guerriero e scienziato (per
l’epoca), uomo illuminato che cerco’ di abbattere il feudalesimo e lo
strapotere della chiesa, la quale dal trattato di Sutri in poi, si era
affermata anche sul piano temporale e legittimata come stato. Come?
Legittimando gli imperatori. Ma Federico non ebbe eredi
all’altezza del compito e tutto falli’. Poi arrivarono gli
Angioini, chiamati dal papa, che si sistemarono al Sud. E da li’ in poi
i tentativi di unita’ non ebbero piu’ sponsor. Gli stranieri si
alternarono, riducendo l’Italia a un territorio da annettere per
glorificare i loro regni.
Il Risorgimento, cioe’ il movimento storico da cui nacque lo stato italiano, inizio’ la sua lunga marcia dal secondo decennio del 1800. In quel periodo, il movimento era composto da élite culturali e dalla borghesia illuminata, che dialogavano con chi poteva incidere sul tentativo di unificazione. Il Regno di Sardegna, ovvero la casata di Savoia, aveva le carte in regola per procedere al tentativo. Essa era una monarchia di stampo militare, con un parlamento e dunque uno stato. Mancava solo un genio della politica, che si materializzo’ con Cavour. Questi si uni’ a Mazzini, il teorico dell’Unita’ (ma su base repubblicana) e a Giuseppe Garibaldi, il grande guerrigliero che combatteva per la liberta’ dei popoli. Essi costituirono il trittico d’élite, che compi’ cio’ che prima o poi sarebbe dovuto avvenire: l’Unita’. Pensare che il Regno di Napoli avesse la forza di sopravvivere per un altro secolo era improponibile. Non c’era uno stato forte a sostenere la casata borbonica, e quindi non c’era un’economia strutturale, non c’era un esercito compiuto e non c’era uno spirito di nazione. Al Nord, l’occupazione austriaca marcava le sue difficolta’, per un regno che dopo la rivoluzione francese aveva iniziato un conto alla rovescia. Il papato viveva arroccato, avendo esaurito tutte le alleanze possibili. Dunque, nei primi decenni del 1800, c’erano tutte le caratteristiche per far crollare la disunita’. E cio’ avvenne. Dal 1861 siamo una nazione ed una patria, abbiamo uno stato unitario e gli italiani sono sotto una sola bandiera. Gia’, gli italiani. Che dopo centocinquant’anni si trovano a celebrare la loro avvenuta unita’, senza averne profonda emozione. Ma non perche’ si metta in discussione la sua sacrale importanza, tuttalpiù per il motivo che la nostra nazione viene percepita dai suoi abitanti come unita’ da sempre. Con buona pace della Lega, che scambia il consenso di certo pragmatismo e legittimo malcontento di fasce di abitanti del Nord (in virtu’ di come sono state gestite per decenni le risorse dello stato), per aneliti indipendentisti. La coesione italiana si manifesta davanti a tutte le tragedie e le gioie che hanno interessato questa nazione. Dal patos per il bambino nel pozzo di Vermicino, ai quiz di Lascia o Raddoppia, dal tragico destino comune della Seconda Guerra Mondiale, al grave sconcerto per l’uccisione di Aldo Moro. E poi: dalle vittorie di Tomba, a quelle degli Azzurri, dall’orgoglio per la Ferrari, a quello per il festival di Sanremo. Basta anche che una barca di dodici metri, Azzurra, partecipi in maniera dignitosa ad una coppa mondiale, che tutti gli italiani si siedono uno affianco all’altro, e diventano all’occorrenza “fratelli velisti”. Tutti, in ogni circostanza, ci sentiamo accomunati nello stesso destino. Quale altra prova ci vorrebbe per dimostrare la coesione morale? Ma di contro cosa c’e'? Semplice, alcuni screzi antichi tra meridionali e settentrionali. Ma quale nazione non ne possiede al suo interno? C’e’ sempre la natura umana che tende a portare l’uomo a sentirsi migliore di altri uomini. Ma e’ un fattore da ascrivere alla psicanalisi, e che si riscontra in maniera parossistica nei campanilismi. Insomma, divisioni fisiologiche. Con questo non si vuole negare l’esistenza di un “questione settentrionale” e di una “questione meridionale”. Ma sono fenomeni di carattere economico. psicologico e sociale, e non certo frutto di identita’ differenti. Queste ultime pur esistono e vivono ancora sotto traccia, ma sono solo il rimasuglio di quei secoli di disunita’, derubricate ormai nei sentimenti nostalgici. Alla politica del XXl secolo spetta il compito di governare le sacche di malcontento, ove tali residui sono poggiati, tenendo conto della reale faccia dei problemi, ovvero le istanze socio-economiche territoriali. L’Italia e’ unita, e l’erosione di coesione viene sopita dagli eventi quotidiani che ci accomunano. Dai piu’ grandi ai piu’ banali. Alfredo Castiglione GRANDI NARRATORI DEL 900 .......(Italica) La letteratura italiana del ‘900 è attraversata da grandi opere di narrativa. Da Il fu Mattia Pascal a Gli indifferenti, da Il bell'Antonio a Il Gattopardo. Il progetto percorre la cultura letteraria italiana attraverso i suoi esponenti di spicco nel segno della narrativa
ITALO SVEVO Il romanzo ''La Vita''
Iniziato
nel 1887 e pubblicato a spese dell'autore solo nel 1982, “Una vita”
è il primo romanzo di Italo Svevo. Il protagonista è Alfonso Nitti,
giovane colto che vive in ristrettezze economiche ed è costretto
a trasferirsi dall’amato paese natale in città, per lavorare
presso la banca Maller. Tormentato dalla nostalgia per la sua terra ed
oppresso dal lavoro, Alfonso trova conforto solo nelle visite in casa
Maller, soprattutto in virtù dell’amicizia con la figlia del
principale, Annetta, che gli propone la stesura di un romanzo a quattro
mani e conquista rapidamente il suo cuore. Costretto a separarsi dalla
giovane a causa della lunga malattia e successiva morte della madre, al
suo ritorno Alfonso scopre con sgomento che Annetta si è
fidanzata con il cinico cugino Macario. Sconvolto, egli chiede alla
ragazza un ultimo appuntamento, ma al posto di Annetta si presenta il
fratello Federico. Sottrattosi al duello, Nitti sceglie come estrema
soluzione il suicidio. Il romanzo, che doveva intitolarsi "Un
inetto", è la storia di un uomo solo, scisso dalla
società ed incapace di accettarne le regole. Il tentativo di
uscire dal proprio isolamento si rivela fallimentare ed evidenzia
l'esistenza di un confine invalicabile tra il mondo dell'alta borghesia
capitalista e l'universo piccolo borghese. Alfonso Nitti è
un antieroe che vive continuamente in bilico tra il desiderio di
affermarsi, le velleità letterarie, la consapevolezza della
propria superiorità rispetto al mondo esterno ed un’innata
incapacità ad agire. Ogni tentativo si rivela vano perché
Alfonso rimane sempre uguale a se stesso; anche il gesto estremo del
suicidio non ha niente d’eroico, rappresentando bensì l’ennesimo
compito svolto meccanicamente.
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